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Essere volontario in Caritas, una testimonianza

Essere volontario in Caritas, una testimonianza

Quanto deve essere bello il nostro pianeta visto da lassù, da una navicella spaziale… terra, acqua, foreste, deserti, ghiaccio… e nessun confine!

Ma non ci puoi rimanere per sempre lassù, devi rientrare… e i tuoi sensi percepiscono altre cose, devi fare i conti con la realtà: frontiere, muri, filo spinato, barriere, barconi, respingimenti, straniero, armi, droga, finanza creativa, borsa che sale, borsa che scende, miliardi bruciati, derivati, bitcoin, titoli, obbligazioni, nucleare, protezionismo, sovranismo, dispersi, profughi, migranti, baraccopoli, caporalato, delocalizzazione, lavoro, disoccupazione… e poi… codice fiscale, residenza, tessera sanitaria, che sono poi altri muri,  e ancora… senzatetto, sfrattato, ultimo, invisibile… e poi… qualche volta, alla fine, quando va bene, anche Giuseppe, Mohammed, Andrea, Maria, Ibrahim, Aisha, Omar… e dietro ogni nome un uomo, una donna, una storia.

La democrazia esiste là dove uno Stato si preoccupa anche delle persone in stato di bisogno, emarginate, prive di sostentamento. Ma questo non sempre succede, alle parole molto spesso non seguono i fatti o i fatti non vanno nella giusta direzione. Ecco allora che altre parole vengono ad illuminare le tenebre del mondo: solidarietà, condivisione, vicinanza, ricovero notturno, mensa, accoglienza; e persone che si spendono per incarnare queste parole, per renderle vive, attuali, reali… tanti volontari che in ogni parte del mondo si mettono, poco o tanto, a disposizione di chi ha meno, donando parte del proprio tempo, un sorriso, uno sguardo amico.

Anche nel nostro territorio, vicino a noi, ci sono strutture e persone che si occupano di alleviare, per quanto possibile, questa umana sofferenza. Casa San Martino e Casa Santa Lucia, della Caritas Diocesana Vicentina, ne sono un esempio. Educatori, operatori e volontari ogni giorno sono presenti nelle strutture per dare sostegno e calore e, per quanto possibile, risposte a quanti bussano per chiedere aiuto.

Non abbiamo la pretesa di incontrare “gli ultimi”, non mi piace questo termine, forse gli ultimi non hanno neppure il coraggio o la forza di arrivare fino a noi. Forse non abbiamo neppure noi il coraggio di incontrare gli ultimi… questo incontro ci fa paura per quello che potrebbe chiedere a noi, al nostro modo di essere, al nostro stile di vita, al cambiamento radicale che la nostra coscienza ci potrebbe richiedere. Noi che ci sentiamo buoni per aver regalato una giacca vento o una coperta che volevamo buttare, noi che ci priviamo a malapena di una piccola parte del superfluo.

E allora diciamo che incontriamo e accogliamo persone in difficoltà, mettiamo a disposizione un letto, un pasto, il senso della famiglia lontana o che non c’è più, cerchiamo di farli sentire “ospiti”, condividiamo con loro una parte nel nostro tempo, non la nostra vita.

È poco? È tanto? Ci accontentiamo?

Sono un volontario, lo faccio con amore, lo faccio da molti anni… ma non mi sento un eroe!

Flavio.

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